Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze e di Milano, e conclude gli studi discutendo una tesi sui Fauves, che con Matisse saranno un punto di riferimento per il suo lavoro, come anche Fortunato Depero e il Beato Angelico. Agli inizi degli anni Ottanta intorno alla galleria Inga Pinn, a Milano, ha fondato con un gruppo di artisti il movimento del Nuovo Futurismo, di cui il critico Renato Barilli è stato il principale teorico. Ha partecipato ad esposizioni e a progetti per importanti industrie quali Swatch, Coca Cola, Vini Ferrari, Harley Davidson, Ducati, Riva, Illy (collana di tazzine d’autore), Francis-Francis, Dash, Carlsberg, Valentino, Coveri e Fabbri.
Le sue figure ridotte a sagome, a contorni di plexiglas, le luci al neon e le campiture cromatiche, nascondono una precisa storia dell’arte, conosciuta profondamente, meditata criticamente e rielaborata. C’è la pop art di Allen Jones e Tom wesselman, il minimalismo di Dan Flavin e Mario Merz, il colorismo ritmico della Delauney, il futurismo di Depero. Non c’è invece ostentazione, manca l’interesse ad apparire colto e superbo. Lodola è esente da qualsiasi forma di intellettualismo e slancio mistico. Pensa solo a far vedere, a illustrare: i miti dell’inconscio collettivo nell’era mass-mediatica, la musica, il cinema, lo spettacolo televisivo con tanto di “Miss Italia” e il “Quizshow”. Non idealizza: semmai scherza e ironizza; basta che il tutto si dia sempre come un gioco, perchè quello che conta è il piacere dell’effetto, l’immediatezza della comunicazione, il gusto dell’immagine, subito riconoscibile nelle sue componenti fondamentali: restare in superficie senza essere superficiali, perchè il piacere è qualcosa di rapido, evanescente.